venerdì 29 giugno 2012

Merli morti in Basilicata


Da Alcuni giorni, per le campagne del Lagonegrese, riscontriamo Merli morti. Gli uccelli non presentano ferite di nessun tipo e non vengono toccati neanche da altri animali, (gatti ecc.).
 
Secondo ricerche effettuate in rete, nelle ultime settimane si stanno verificando morti in diverse zone, dall'Italia, alla Germania, in Austria e in Ungheria, una situazione simile a quanto accaduto nel 2009. Ornitologi attribuiscono la causa ad un virus tropicale, usutu, originario della zona del Nilo occidentale, che con il caldo africano viene trasportato dall'Africa da una zanzara.
 
Ulteriori ricerche in rete, confermano che questo virus può attaccare anche l'uomo, causando di solito un'infezione innocua ma a volte può causare febbre, manifestazioni cutanee e nei casi più gravi anche commozione celebrale. 
 
Pubblichiamo la news e preghiamo i lettori alla diffusione del messaggio, se avete riscontrato, in campagna eventi simili, o in altri comuni, segnalatelo al nostro blog, contattandoci attraverso questo profilo Facebookhttp://www.facebook.com/radiopnb - Vogliamo prendere per buono quanto trovato in rete, ma segnaliamo il messaggio anche agli organi competenti territoriali. Cosa sta succedendo?
 
Tutti i commenti saranno aggiornati sul blog e sul profilo Facebook della Radio.
Per comunicazionie: Emidio Tel. 339.2101898

Fonte: http://writerblog.over-blog.it/
Wednesday 27 june 2012

giovedì 28 giugno 2012

La balena dimenticata

MATERA - C’era una volta il mare a Matera. Non è l’inizio di un racconto da costruire tra storia, fantascienza, supposizioni o approfonditi studi sulla materia. Da queste parti il mare c’era, un milione e forse più di anni fa. Un mare freddo, profondo e forse meno azzurro di quello che siamo abituati a vedere ora. A dimostrarlo senza ombra di dubbio c’è il ritrovamento di quel cetaceo ai bordi quasi dell’invaso di San Giuliano, strappato dall’acqua come si vede nelle immagini riferite ai lunghi giorni del recupero del fossile. Quel che resta del cetaceo vecchio di un milione di anni fa, da almeno sei anni è conservato in queste casse all’esterno del centro di restauro della Soprintendenza nell’area del secondo paip. Alla mercè degli agenti atmosferici. Di ricostruzione del cetaceo, lungo presumibilmente una ventina di metri, non si parla. Dimenticato in quei cassoni. Una fine indegna anche perchè la storia che vi stiamo raccontando si sta consumando in una città che nel 2019 aspira a fregiarsi del titolo di capitale europea della cultura. Quale migliore occasione per dimostrarlo con quella balena ricostruita dalla testa alla coda che rappresenterebbe un brandello significativo della lunga storia di questo territorio che un milione e più di anni fa come si vede in queste immagini era attraversato da un lungo braccio di mare che metteva in comunicazione quelli che oggi sono lo Jonio e l’Adriatico. La balena dimenticata insieme ai villaggi preistorici della Murgia e al museo demoetnoantropologico nei Sassi. In quest’area a cavallo tra Basilicata e Puglia, includendo nella narrazione dal vivo le orme dei dinosauri e dell’uomo di Altamura, si potrebbe realizzare un enorme Jurassik Park. La storia del territorio vecchia di milioni di anni, spettacolo dal vivo di grande impatto e suggestione. Ma da queste parti si pensa ad altro con la cultura strapazzata ad uso e consumo dei turisti della domenica, mentre il passato resta sepolto e dimenticato con le istituzioni locali che continuano a guardare con ossessione a quel 2019 che, con questi presupposti, resta lontano anni luce.

Franco Di Pierro © 2006-2012 Trm Radiotelevisione del Mezzogiorno.

 Articolo completo: http://www.trmtv.it/home/attualita/2012_06_22/35881.html
MATERA - C’era una volta il mare a Matera. Non è l’inizio di un racconto da costruire tra storia, fantascienza, supposizioni o approfonditi studi sulla materia. Da queste parti il mare c’era, un milione e forse più di anni fa. Un mare freddo, profondo e forse meno azzurro di quello che siamo abituati a vedere ora. A dimostrarlo senza ombra di dubbio c’è il ritrovamento di quel cetaceo ai bordi quasi dell’invaso di San Giuliano, strappato dall’acqua come si vede nelle immagini riferite ai lunghi giorni del recupero del fossile. Quel che resta del cetaceo vecchio di un milione di anni fa, da almeno sei anni è conservato in queste casse all’esterno del centro di restauro della Soprintendenza nell’area del secondo paip. Alla mercè degli agenti atmosferici. Di ricostruzione del cetaceo, lungo presumibilmente una ventina di metri, non si parla. Dimenticato in quei cassoni. Una fine indegna anche perchè la storia che vi stiamo raccontando si sta consumando in una città che nel 2019 aspira a fregiarsi del titolo di capitale europea della cultura. Quale migliore occasione per dimostrarlo con quella balena ricostruita dalla testa alla coda che rappresenterebbe un brandello significativo della lunga storia di questo territorio che un milione e più di anni fa come si vede in queste immagini era attraversato da un lungo braccio di mare che metteva in comunicazione quelli che oggi sono lo Jonio e l’Adriatico. La balena dimenticata insieme ai villaggi preistorici della Murgia e al museo demoetnoantropologico nei Sassi. In quest’area a cavallo tra Basilicata e Puglia, includendo nella narrazione dal vivo le orme dei dinosauri e dell’uomo di Altamura, si potrebbe realizzare un enorme Jurassik Park. La storia del territorio vecchia di milioni di anni, spettacolo dal vivo di grande impatto e suggestione. Ma da queste parti si pensa ad altro con la cultura strapazzata ad uso e consumo dei turisti della domenica, mentre il passato resta sepolto e dimenticato con le istituzioni locali che continuano a guardare con ossessione a quel 2019 che, con questi presupposti, resta lontano anni luce.

© 2006-2012 Trm Radiotelevisione del Mezzogiorno.

Articolo completo: http://www.trmtv.it/home/attualita/2012_06_22/35881.html
MATERA - C’era una volta il mare a Matera. Non è l’inizio di un racconto da costruire tra storia, fantascienza, supposizioni o approfonditi studi sulla materia. Da queste parti il mare c’era, un milione e forse più di anni fa. Un mare freddo, profondo e forse meno azzurro di quello che siamo abituati a vedere ora. A dimostrarlo senza ombra di dubbio c’è il ritrovamento di quel cetaceo ai bordi quasi dell’invaso di San Giuliano, strappato dall’acqua come si vede nelle immagini riferite ai lunghi giorni del recupero del fossile. Quel che resta del cetaceo vecchio di un milione di anni fa, da almeno sei anni è conservato in queste casse all’esterno del centro di restauro della Soprintendenza nell’area del secondo paip. Alla mercè degli agenti atmosferici. Di ricostruzione del cetaceo, lungo presumibilmente una ventina di metri, non si parla. Dimenticato in quei cassoni. Una fine indegna anche perchè la storia che vi stiamo raccontando si sta consumando in una città che nel 2019 aspira a fregiarsi del titolo di capitale europea della cultura. Quale migliore occasione per dimostrarlo con quella balena ricostruita dalla testa alla coda che rappresenterebbe un brandello significativo della lunga storia di questo territorio che un milione e più di anni fa come si vede in queste immagini era attraversato da un lungo braccio di mare che metteva in comunicazione quelli che oggi sono lo Jonio e l’Adriatico. La balena dimenticata insieme ai villaggi preistorici della Murgia e al museo demoetnoantropologico nei Sassi. In quest’area a cavallo tra Basilicata e Puglia, includendo nella narrazione dal vivo le orme dei dinosauri e dell’uomo di Altamura, si potrebbe realizzare un enorme Jurassik Park. La storia del territorio vecchia di milioni di anni, spettacolo dal vivo di grande impatto e suggestione. Ma da queste parti si pensa ad altro con la cultura strapazzata ad uso e consumo dei turisti della domenica, mentre il passato resta sepolto e dimenticato con le istituzioni locali che continuano a guardare con ossessione a quel 2019 che, con questi presupposti, resta lontano anni luce.

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sabato 23 giugno 2012

Ritrovate e consegnate al CRAS 5 tartarughe detenute in cattività

Il giorno 22 giugno il Comando Stazione Forestale di Pomarico (Mt) ha consegnato al Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS) della Provincia di Matera 5 esemplari di rettili protetti di cui 4 testuggini terrestri (Testudo hermanni) ed una tartaruga palustre (Emys orbicularis). Gli stessi erano stati rinvenuti abbandonati da ignoti all’interno da una scatola nelle campagne di Pomarico. Da un primo esame delle condizioni fisiche effettuato al momento della consegna le testuggini  terrestri sono risultate vittime di prolungata detenzione in cattività con evidenti traumi di varia entità soprattutto alle zampe anteriori dovuti a continuo sfregamento degli arti su superfici dure ed inadatte.  La tartaruga palustre, Emys orbicularis, che notoriamente vive in prossimità delle zone umide, presentava invece segni di disidratazione e condizioni generali non ottimali per una  erronea stabulazione ed alimentazione.
Questo episodio, che fa seguito ad altri simili,  è l’ennesima testimonianza di come uno dei principali problemi delle specie di terra, sempre più rare in Italia,  è il trafugamento dall’habitat naturale preferenziale, in particolare la macchia mediterranea, già sottoposta a continue forme di degrado come gli incendi, oltre alla trasformazione e alterazione degli equilibri ecologici operati dalla mano dell’Uomo.
Il problema della detenzione in cattività di tali rettili particolarmente protetti dalle normative europee ed internazionali è purtroppo molto diffuso e comporta particolari difficoltà, nei casi di ritrovamento o di consegna, nel cercare di stabilire la effettiva origine degli esemplari, necessaria per la valutazione tecnica, da parte delle autorità ministeriali deputate al controllo del commercio e detenzione della fauna selvatica (CITES), di una eventuale possibilità di reinserimento in natura. Non va trascurato il forte rischio che durante i frequenti scambi tra collezionisti/detentori e trasferimenti da un paese all’altro alcuni esemplari appartenenti a sottospecie diverse (ad esempio le nostre Testudo hermanni hermanni e le balcaniche Testudo hermanni boettgeri) possano ibridarsi tra loro compromettendo la purezza del patrimonio genetico e ogni possibilità di liberare i nuovi nati.  In natura sono stati a volte rinvenuti esemplari appartenenti ad altre popolazioni o ad altre specie/sottospecie determinando un quadro generale piuttosto complesso  in termini di presenza di pool genici di differente origine. In Italia l’unica testuggine autoctona è proprio  la “hermanni” e per ciò va assolutamente tutelata e salvaguardata in qualunque modo soprattutto attraverso una costante azione di corretta informazione e prevenzione. La sottospecie “boettgeri” invece è presente su un vasto territorio che va dalla ex Jugoslavia alla Romania e non dovrebbe essere presente né mai  rilasciata, anche in forma di ibridi,  nelle nostre regioni. Purtroppo a causa del commercio illegale che per tanti anni ha riguardato tale sottospecie oggi è relativamente facile che in natura vi siano esemplari o loro ibridi che minacciamo la nostra specie endemica.

Il responsabile e coordinatore del Centro Recupero Matteo Visceglia dichiara:
Considerato il fenomeno diffuso della detenzione in giardini, recinti e altre strutture private, riteniamo importante il ruolo dei centri recupero fauna che svolgono un costante lavoro di capillare informazione e sensibilizzazione per evitare il depauperamento delle popolazioni naturali, per prevenire l'inquinamento genetico di queste specie e per contribuire al mantenimento della biodiversità e alla tutela delle specie endemiche italiane ed europee nei rispettivi habitat. Invitiamo a non abbandonare esemplari di qualsiasi specie, e non solo rettili, e consigliamo di rivolgersi agli organi competenti per qualsiasi problema dovuto al possesso di tali esemplari. Ricordiamo infine che la detenzione illegale di testuggini di Hermann è severamente sanzionata dalle vigenti normative nazionali ed europee.  Pertanto chiunque è a conoscenza di esemplari detenuti illegalmente o in condizioni o luoghi inadeguati può fare una segnalazione al Corpo Forestale dello Stato (numero verde 1515) o ad altri organi di controllo che provvederanno ad effettuare gli opportuni accertamenti sulla  regolarità della loro acquisizione e detenzione. Coloro che sono in possesso di esemplari regolarmente detenuti e che non sono più in grado di gestirli è preferibile che non si facciamo prendere dalla tentazione di liberarli in natura e provvedano a contattare i centri di recupero di zona o le istituzioni preposte alla tutela della fauna selvatica”.

 
Ilor
A sinistra la tartaruga palustre, a destra le terrestri






Particolare delle zampe dove si nota l'usura delle unghie



















Traumi profondi agli arti anteriori

mercoledì 20 giugno 2012

Un falco tra i Sassi

Sull'ultimo numero della prestigiosa rivista di fotografia naturalistica "Asferico"  (n. 39) è stato pubblicato un interessante articolo su Matera e il falco grillaio dal titolo "Un falco tra i Sassi". L'autore, Simone Bottini,  ha realizzato un bel servizio fotografico che rende onore allo straordinario rapporto tra la città e il piccolo rapace.


lunedì 18 giugno 2012

Politica agricola europea: a rischio la biodiversità

Spesso si attribuisce agli agricoltori la funzione di difensori dell'ambiente!
Nel comunicato che segue emerge la volontà di tornare indietro verso una politica agricola poco rispettosa della biodiversità e tutta tesa al profitto degli imprenditori agricoli.

LA TUTELA DELL’AMBIENTE RISCHIA DI ESSERE CANCELLATA
DALL’ AGRICOLTURA EUROPEA


Le Associazioni degli agricoltori biologici e biodinamici (UPBIO e Associazione per l’Agricoltura Biodinamica), le Associazioni ambientaliste (FAI, LIPU, WWF, Italia Nostra, Pro Natura) e la Società Italiana di Ecologia del Paesaggio hanno inviato al Ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, all’Assessore della Regione Puglia, Dario Stefano, in qualità di rappresentante della Conferenza delle Regioni sul tema agricoltura ed ai parlamentari delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato e del Parlamento Europeo una lettera aperta nella quale esprimono la loro preoccupazione per l’andamento del dibattito sulla riforma della PAC.

Mentre a Rio de Janeiro si svolge il Summit mondiale dedicato alla green economy la riforma della Politica Agricola Comune (PAC) per il periodo 2014 – 2020 rischia di consegnarci un’agricoltura europea poco sostenibile per il clima e l’ambiente.
Le indicazioni del Consiglio Europeo dell’Agricoltura del 15 maggio scorso prevedono infatti una drastica riduzione dell’applicazione del “greening”, l’insieme delle pratiche agricole ritenute necessarie per assicurare la conservazione della biodiversità, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la tutela della qualità dell’acqua. Pratiche volontarie per le aziende agricole che, nella proposta della Commissione Europea, darebbero diritto per gli agricoltori virtuosi ad un premio economico supplementare del 30% del pagamento base previsto dal primo pilastro della PAC.

Con il “greening” – sottolineano le Associazioni - sarebbe finalmente introdotto nella PAC un riconoscimento economico direttamente connesso ai servizi ambientali che le aziende agricole possono fornire per la conservazione della natura e del paesaggio (premiando così, a differenza del passato, chi ha mantenuto siepi, stagni e filari), per la riduzione dell’inquinamento da pesticidi e nitrati, per aumentare la capacità di adattamento degli agroecosistemi agli eventi estremi, siccità ed alluvioni, causati dal cambiamento climatico in atto
Le Associazioni che hanno sottoscritto l’appello inviato al Governo, alle Regioni ed ai parlamentari sottolineano che, se saranno approvate le proposte del Consiglio Europeo sostenute anche dal Governo italiano su pressione delle maggiori Organizzazioni Agricole, le aziende sotto i 10 ettari (in Italia il 25% della SAU, quasi 3 milioni di ettari, e l’81% delle aziende) non avranno da osservare alcun impegno per rispettare le regole del greening. Se poi tutte le colture arboree saranno esentate (anche i meleti intensivi del Trentino ed i frutteti della pianura padana) poco rimarrà della componente ambientale più importante dell’attuale riforma della PAC.
Se si dovesse decidere inoltre di esentare le aziende fino a 15 ettari dalle rotazioni delle colture, la pratica agricola che prevede l’alternanza dei seminativi a cereali con le leguminose al fine di favorire una concimazione naturale dei suoli e ridurre l’utilizzo di concimi chimici, sarebbero escluse quasi il 90% delle aziende italiane da ogni obbligo ambientale. Se sarà infine approvato il criterio della rotazione tra due sole colture (pratica che sarebbe corretto chiamare avvicendamento piuttosto che rotazione delle colture) per le aziende fino a 50 ettari resterebbero solo il 3,5% delle aziende italiane a doversi impegnarsi realmente in azioni concrete per ottenere il premio previsto per le pratiche benefiche per il clima e per l'ambiente.

A rischio anche l’obbligo di destinare il 7% della superficie delle aziende agricole alle aree d’interesse ecologico, considerato un obiettivo troppo ambizioso. Tuttavia il parere delle maggiori autorità scientifiche europee suggerisce che abbiamo bisogno di dedicare un minimo del 10% dei terreni agricoli alle esigenze ecologiche se si vuole assicurare una adeguata connettività biologica e resilienza degli ecosistemi in grado di assicurare nel medio e lungo termine la conservazione della biodiversità. Prevedere meno del 7% sarebbe disastroso e garantirebbe il fallimento degli obiettivi 2020 definiti dalla nuova Strategia europea per la biodiversità approvata dallo stesso Parlamento Europeo. “Con queste prospettive – proseguono le associazioni - risulta evidente il tentativo, in nome della sicurezza alimentare e della semplificazione amministrativa e burocratica, di mantenere in realtà sussidi perversi per pratiche agricole e zootecniche che continuano ad inquinare l'ambiente, a consumare la sostanza organica del terreno, a ridurre la biodiversità naturale”
Le Associazioni degli agricoltori biologici e biodinamici, le Associazioni ambientaliste e la Società Italiana di Ecologia del Paesaggio chiedono invece al Governo italiano, in particolare al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Mario Catania, ed ai parlamentari europei un impegno a sostenere con decisione e lungimiranza un “greening” autentico, che garantisca un premio economico adeguato alle  sole aziende che attuano realmente pratiche agricole sostenibili ed efficaci per la conservazione della biodiversità, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione efficiente delle risorse idriche, per un’agricoltura moderna in grado di essere con autorevolezza e credibilità parte integrante della green economy europea.

lunedì 11 giugno 2012

Salviamo il Paesaggio


APPELLO Costituiamo anche nella nostra realtà il Comitato:
“Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i Territori”


L’Associazione Città Plurale è stata la prima associazione della Basilicata ad aderire alla campagna “Salviamo il Paesaggio”. In accordo con il Forum Nazionale è stata indicata quale referente provvisorio di zona per promuovere, anche nella nostra realtà, la costituzione di un Comitato per sostenere la campagna nazionale. L’appello, se condiviso, che Città Plurale rivolge a nome del Forum Nazionale, è quello di sollecitare le associazioni e  i singoli cittadini ad aderire alla Campagna “Salviamo il Paesaggio.
È una battaglia importante per arrestare  colate di cemento inutili e dannose.
La campagna “Salviamo il Paesaggio” è di fondamentale importanza per tutto il territorio nazionale e per il nostro territorio potrebbe aiutarci ad acquisire una valenza e una visibilità nazionale. Alla campagna hanno aderito personalità del calibro di Salvatore Settis
, Edoardo Salzano, Vezio De Lucia, Vittorio Cogliati Dezza, Luca Mercalli, da anni impegnati in una battaglia contro la continua cementificazione del territorio nazionale con la conseguente distruzione del territori e del paesaggio.

martedì 5 giugno 2012

Falco grillaio


Montescaglioso, Abbazia San Michele Arcangelo - Maggio 2012


Sentieristica nel Parco della Murgia: avvio lavori

Hanno avuto inizio i lavori di riqualificazione di alcuni sentieri del Parco della Murgia Materana. L’opera, finanziata con 200 mila euro del Fers 2007-2013 della Regione Basilicata, fa parte di un programma più vasto che comprende il recupero e la valorizzazione del patrimonio naturalistico e delle Chiese Rupestri del Parco della Murgia Materana.

“Con i lavori di riqualificazione della sentieristica – spiega il presidente Pierfrancesco Pellecchia – il Parco intende perseguire importanti obiettivi strategici consistenti nella conservazione e la valorizzazione dell’habitat rupestre consentendo una corretta fruizione dell’area protetta mediante il ripristino di percorsi di percorrenza, lasciando inalterati i valori ambientali del paesaggio e gli ecosistemi naturali”.
Il sentiero, facente parte degli itinerari ufficiali proposti dall’Ente Parco, ha inizio dal Rione Sassi in prossimità di Porta Pistola e, dividendosi in due, risale sull’altopiano murgico in località Murgecchia nei pressi della Madonna delle Vergini e in località Murgia Timone nei pressi del Belvedere. I lavori di riqualificazione consisteranno in rifacimento di muretti a secco, ripristino e messa in sicurezza della sentieristica esistente, apposizione di segnaletica e cartellonistica oltre alla realizzazione di due semplici attraversamenti in legno di minimo impatto dei Torrenti Gravina e Iesce.
“Con la realizzazione di questi lavori, l’altopiano murgico, facente parte del Patrimonio Unesco insieme ai Rioni Sassi – conginua Pellecchia - si collega sempre più saldamente alla città di Matera essendo più facilmente fruibile da tutti, residenti e visitatori”.

05/06/2012

sabato 2 giugno 2012

Capovaccai al carnaio

Nel video qui sotto 2 capovaccai si nutrono presso un carnaio in Basilicata sostenuto grazie all'associazione ALTURA (Associazione per la Tutela dei Rapaci e dei loro Ambienti) e al CRAS provinciale di Matera. Le riprese sono state effettuate nella metà di aprile da circa 1200 metri di distanza in digiscoping allo scopo di non arrecare alcun disturbo agli animali in un periodo particolarmente delicato come quello che precede la riproduzione.
Questi esemplari sono tra gli ultimi che sopravvivono anche grazie al supporto alimentare fornito. In Italia restano ormai non più di cinque o sei coppie nidificanti, tutte drammaticamente avviate verso l'estinzione. Ormai non c'è più tempo da perdere, occorre fare ogni sforzo per impedire che ciò avvenga.
Il CRAS provinciale di Matera non ha al momento alcun finanziamento destinato al capovaccaio e a tutte le proprie attività di salvaguardia e recupero di esemplari feriti o in difficoltà delle specie protette.